Sentenza n. 126 del 2023

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente: Silvana SCIARRA;

Giudici: Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Marco D’ALBERTI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sorto a seguito dell’emanazione delle ordinanze del Tribunale ordinario di Lecce, in funzione di giudice dell’esecuzione, del 22 gennaio 2019 e del 15 dicembre 2021, nell’ambito del procedimento esecutivo R.G.E. n. 610/2018, instaurato nei confronti dell’onorevole Eugenio Ozza, nella parte in cui assegnano al creditore procedente, Agenzia delle entrate – Riscossione della Provincia di Lecce, una somma eccedente quella indicata nell’art. 15 del regolamento per gli assegni vitalizi dei deputati, promosso dalla Camera dei deputati con ricorso notificato il 19 dicembre 2022, depositato in cancelleria in pari data, iscritto al n. 11 del registro conflitti tra poteri dello Stato 2022 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 52, prima serie speciale, dell’anno 2022, fase di merito.

Udito nell’udienza pubblica del 9 maggio 2023 il Giudice relatore Giovanni Amoroso;

uditi gli avvocati Marco Cerase e Gaetano Pelella per la Camera dei deputati;

deliberato nella camera di consiglio del 10 maggio 2023.

Ritenuto in fatto

1.– Con ricorso iscritto al n. 11 del registro conflitto di attribuzione tra poteri 2022, la Camera dei deputati ha promosso conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti del Tribunale ordinario di Lecce, in funzione di giudice dell’esecuzione, in ragione e per l’annullamento delle ordinanze emanate dallo stesso, nelle date del 22 gennaio 2019 e del 15 dicembre 2021, nell’ambito della procedura esecutiva R.G.E. n. 610/2018.

La ricorrente ha rappresentato che l’indicata procedura di esecuzione forzata è stata incardinata, nelle forme di quella presso terzi, dall’Agenzia delle entrate – Riscossione della Provincia di Lecce nei confronti di un parlamentare già deputato nella XII e (in parte) nella XIII Legislatura.

La Camera ha contestato, in particolare, l’avvenuta assegnazione al creditore, con ordinanza del 22 gennaio 2019, dell’intero importo dell’assegno vitalizio spettante al debitore esecutato, sebbene l’Avvocatura generale dello Stato avesse allegato alla dichiarazione positiva della Camera di appartenenza l’art. 15 del regolamento per gli assegni vitalizi dei deputati, approvato dall’Ufficio di presidenza nella riunione del 30 luglio 1997, nel testo modificato con delibera dello stesso Ufficio 9 febbraio 2000, n. 195, applicabile ratione temporis, che estende a detti trattamenti i limiti di pignorabilità previsti dall’art. 545 del codice di procedura civile (nella formulazione all’epoca vigente).

La stessa parte ricorrente ha inoltre riferito che, a seguito dell’emanazione dell’art. 152 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 (Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all’economia, nonché di politiche sociali connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19), convertito, con modificazioni, nella legge 17 luglio 2020, n. 77, che ha sospeso fino alla data del 31 agosto 2021 le procedure esecutive anche in ordine alle «indennità che tengono luogo di pensione», il parlamentare esecutato, ritenendo che vi sarebbe stato un riconoscimento normativo dell’equiparabilità del vitalizio parlamentare a un trattamento previdenziale, aveva proposto opposizione all’esecuzione contro l’ordinanza di assegnazione.

La Camera dei deputati ha evidenziato di essere intervenuta volontariamente, ai sensi dell’art. 105 cod. proc. civ., nella fase incidentale innescata dalla proposizione dell’opposizione per rappresentare che l’assegnazione dell’intero vitalizio in pagamento al creditore procedente ledeva le prerogative parlamentari in quanto non rispettosa del proprio regolamento sugli assegni vitalizi dei deputati.

Con ordinanza del 15 dicembre 2021, lo stesso Tribunale di Lecce aveva disatteso, per ragioni di rito, l’istanza di sospensione dell’esecuzione, concedendo termine per l’eventuale introduzione del giudizio di merito, senza effettuare alcuna precisazione, anche in via meramente incidentale, sulle deduzioni della Camera.

A fronte dell’emanazione degli indicati provvedimenti, la Camera dei deputati ha proposto, dunque, ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, affinché questa Corte dichiari la non spettanza al Tribunale di Lecce, in funzione di giudice dell’esecuzione, del potere di emanare gli stessi, non applicando – o disapplicando – la previsione dettata dal richiamato art. 15 del regolamento sugli assegni vitalizi della Camera dei deputati.

Con riferimento all’ammissibilità del conflitto promosso, la parte ricorrente ha evidenziato che nessun dubbio poteva sussistere sotto il profilo soggettivo, sia quanto alla legittimazione della Camera dei deputati a essere parte dei conflitti tra poteri, sia quanto alla legittimazione passiva del Tribunale di Lecce, e ciò a prescindere dalla proponibilità di eventuali mezzi di gravame contro i provvedimenti che avevano originato lo stesso, nella misura in cui avevano interferito con la propria sfera di attribuzioni costituzionalmente garantita dall’art. 64, primo comma, della Costituzione.

Donde, la Camera dei deputati ha sottolineato il proprio interesse a promuovere il conflitto allo scopo di ristabilire il rispetto delle proprie competenze costituzionali.

Dal punto di vista oggettivo e nel merito, la ricorrente ha rappresentato che a fondamento del conflitto promosso non vi è una vindicatio potestatis, ma un’interferenza nella propria autonomia regolamentare da parte del Tribunale di Lecce, compiuta mediante la reiterata determinazione giudiziale espressa dai provvedimenti impugnati che aveva condotto alla disapplicazione dell’unica fonte del diritto costituzionalmente titolata a regolare la questione, ossia il regolamento parlamentare.

Nella prospettazione della parte ricorrente sarebbe stato così menomato il potere attribuito dall’art. 64, primo comma, Cost. a ciascuna Camera di emanare i propri regolamenti che costituiscono, come più volte affermato dalla giurisprudenza costituzionale, una fonte dotata di una sfera di competenza riservata e distinta da quella della legge ordinaria, che non può intervenire nella materia (sentenza n. 120 del 2014).

Dalla potestà regolamentare generale deriva, poi, tenendo conto delle attribuzioni demandate agli stessi dall’art. 63 Cost., anche il potere degli Uffici di presidenza di adottare i regolamenti cosiddetti minori.

2.– Con ordinanza n. 250 del 2022, questa Corte ha dichiarato l’ammissibilità del conflitto e disposto la notifica degli atti anche al Senato della Repubblica, in quanto organo costituzionale che si pone in identica posizione rispetto a quella della Camera dei deputati con riguardo alle questioni di principio da trattare.

3.– La Camera ricorrente ha dato prova di avere eseguito le notifiche sia nei confronti del Tribunale di Lecce che del Senato della Repubblica e si è costituita nella fase di merito in data 19 dicembre 2022, riproponendo il ricorso introduttivo del conflitto.

4.– In data 17 aprile 2023, la Camera dei deputati ha depositato memoria nella quale ha evidenziato che i provvedimenti all’origine del ricorso hanno violato le proprie prerogative sotto due aspetti.

In primo luogo, con le ordinanze emanate il Tribunale di Lecce avrebbe vanificato indebitamente l’efficacia del regolamento parlamentare sugli assegni vitalizi.

Inoltre, nel rigettare l’opposizione all’esecuzione proposta dal parlamentare esecutato, senza motivare in modo alcuno sull’intervento adesivo della Camera, sarebbe venuto meno al dovere di leale collaborazione tra poteri dello Stato.

Con la stessa memoria, la ricorrente ha rappresentato, inoltre, che, in data 16 marzo 2023, in un’altra procedura esecutiva a carico dello stesso parlamentare, il medesimo Tribunale ha applicato, al contrario di quanto avvenuto in quella i cui provvedimenti hanno determinato il conflitto in esame, la disposizione contenuta nel regolamento della Camera sugli assegni vitalizi ritenendo pignorabile il trattamento del debitore nella misura di un quinto.

Considerato in diritto

1.– Con ricorso iscritto al n. 11 reg. confl. pot. 2022, la Camera dei deputati ha promosso conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti del Tribunale di Lecce, in funzione di giudice dell’esecuzione, in ragione e per l’annullamento delle ordinanze emanate dallo stesso, nelle date del 22 gennaio 2019 e del 15 dicembre 2021, nell’ambito della procedura esecutiva R.G.E. n. 610/2018.

La ricorrente ha premesso che la procedura è stata promossa dall’Agenzia delle entrate - Riscossione della Provincia di Lecce per un credito erariale nei confronti di un parlamentare già deputato nella XII e (in parte) nella XIII Legislatura.

La ragione del conflitto risiede nell’assegnazione al creditore, con ordinanza del 22 gennaio 2019, dell’intero importo dell’assegno vitalizio spettante al debitore esecutato, per effetto della mancata applicazione dell’art. 15 del regolamento per gli assegni vitalizi dei deputati, applicabile ratione temporis, che estende a detti trattamenti i limiti di pignorabilità previsti dall’art. 545 cod. proc. civ. (nella formulazione all’epoca vigente).

La Camera dei deputati ha evidenziato, inoltre, che, dopo l’emanazione dell’art. 152 del d.l. n. 34 del 2020, come convertito, che ha sospeso fino alla data del 31 agosto 2021 le procedure esecutive anche in ordine alle «indennità che tengono luogo di pensione», il parlamentare, ritenendo che vi sarebbe stato un riconoscimento normativo dell’equiparabilità del vitalizio parlamentare a un trattamento previdenziale, aveva proposto opposizione all’esecuzione contro l’ordinanza di assegnazione.

La ricorrente era intervenuta volontariamente ad adiuvandum, ai sensi dell’art. 105 cod. proc. civ., nella fase sommaria della predetta opposizione. Con ordinanza del 15 dicembre 2021, il Tribunale aveva disatteso, per ragioni di rito, l’istanza di sospensione dell’esecuzione, concedendo un termine per l’eventuale introduzione del giudizio di merito, senza svolgere alcuna precisazione, anche in via meramente incidentale, sulle deduzioni della Camera.

A fronte dell’emanazione degli indicati provvedimenti, la Camera dei deputati ha promosso dunque ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, affinché questa Corte dichiari la non spettanza al Tribunale di Lecce, in funzione di giudice dell’esecuzione, del potere di emanare gli stessi, non applicando la previsione dettata dal richiamato art. 15 del regolamento sugli assegni vitalizi della stessa Camera dei deputati.

In particolare, la ricorrente ha premesso che a fondamento del conflitto promosso non vi è una vindicatio potestatis, essendo, invece, denunciata un’interferenza nella propria autonomia regolamentare da parte del Tribunale di Lecce, posta in essere attraverso i provvedimenti impugnati con la disapplicazione dell’unica fonte del diritto costituzionalmente titolata a regolare la questione.

Nella prospettazione della parte ricorrente sarebbe stato così menomato il potere, attribuito dall’art. 64, primo comma, Cost. a ciascuna Camera, di emanare i propri regolamenti che costituiscono, come più volte affermato dalla giurisprudenza costituzionale, una fonte dotata di una sfera di competenza riservata e distinta da quella della legge ordinaria (sentenza n. 120 del 2014).

Dalla potestà regolamentare generale deriva, poi, tenendo conto delle attribuzioni demandate agli stessi dall’art. 63, primo comma, Cost., anche il potere degli Uffici di presidenza di adottare i regolamenti cosiddetti minori.

2.– Con ordinanza n. 250 del 2022, questa Corte ha dichiarato l’ammissibilità del conflitto promosso, in ragione della legittimazione delle parti e del tono costituzionale dello stesso, disponendo la notifica degli atti non solo al giudice dell’esecuzione del Tribunale di Lecce, ma anche nei confronti del Senato della Repubblica, ponendosi, rispetto al regolamento sui trattamenti vitalizi degli ex senatori, questioni di carattere analogo.

3.– Nella fase di merito, la parte ricorrente ha dimostrato di aver effettuato le notifiche disposte dall’ordinanza dichiarativa dell’ammissibilità del conflitto.

In detta fase si è, comunque, costituita la sola Camera dei deputati in data 19 dicembre 2022.

Successivamente, la stessa, in data 17 aprile 2023, ha depositato memoria nella quale pone in evidenza che, attraverso i provvedimenti all’origine del conflitto, il Tribunale di Lecce avrebbe violato le proprie prerogative, sancite dall’art. 64, primo comma, Cost., sotto due aspetti: per un verso, la disapplicazione dell’art. 15 del proprio regolamento sugli assegni vitalizi del 1997 avrebbe vanificato indebitamente l’efficacia dello stesso, pur essendo l’unica fonte del diritto competente a disciplinare la materia e, per un altro, nel rigettare nella fase sommaria l’opposizione all’esecuzione proposta dall’ex parlamentare, senza alcuna motivazione sulle ragioni sottese all’intervento adesivo della Camera, sarebbe stato violato il principio di leale collaborazione tra poteri dello Stato.

Con la stessa memoria, la ricorrente ha rappresentato e documentato, inoltre, che, in data 16 marzo 2023, in un’altra espropriazione presso terzi in danno dell’ex parlamentare, il medesimo Tribunale di Lecce, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha applicato, al contrario di quanto avvenuto nei provvedimenti che hanno determinato il conflitto in esame, la richiamata disposizione contenuta nel regolamento della Camera

sugli assegni vitalizi, ritenendo pignorabile il trattamento percepito dall’ex parlamentare limitatamente alla misura di un quinto.

4.– Va innanzi tutto confermata l’ammissibilità del conflitto, già ritenuta da questa Corte con ordinanza n. 250 del 2022.

Ne sussistono i presupposti soggettivi, con riferimento sia alla Camera dei deputati, quanto al potere legislativo, sia al giudice ordinario, quale titolare del potere giurisdizionale diffuso nell’ordine giudiziario.

In particolare, nessun dubbio sussiste sulla legittimazione della Camera, quale organo competente a dichiarare in modo definitivo la propria volontà in ordine all’esercizio del potere regolamentare di cui all’art. 64, primo comma, Cost.

Analogamente, è pacifica la legittimazione passiva del Tribunale di Lecce, trattandosi di organo giurisdizionale, in posizione di indipendenza costituzionalmente garantita, competente a dichiarare definitivamente la volontà del potere cui appartiene nell’esercizio delle funzioni attribuitegli (ex plurimis, sentenze n. 110 del 2021, n. 133 del 2018 e n. 241 del 2011; ordinanza n. 148 del 2020).

Parimenti, ricorre il presupposto oggettivo costituito dalla menomazione del potere regolamentare della Camera che ha disciplinato il vitalizio dei parlamentari, richiamando – nell’art. 15 del citato regolamento per gli assegni vitalizi dei deputati – il limite della pignorabilità dei crediti previdenziali previsto dall’art. 545 cod. proc. civ.

Infatti, il giudice dell’esecuzione ha ignorato del tutto tale normativa di fonte interna, non applicandola affatto o implicitamente disapplicandola. Nell’uno e nell’altro caso il giudice – negando che il credito avente ad oggetto il vitalizio avesse lo stesso limite di pignorabilità previsto in generale per i crediti previdenziali – ha disconosciuto il potere regolamentare della Camera di attribuire tale natura al vitalizio con il conseguente limite alla pignorabilità.

5.– Nel merito, il ricorso per conflitto è fondato e va accolto.

6.– Occorre premettere che la Camera dei deputati non prospetta, con il ricorso per conflitto tra poteri, un error in iudicando del Tribunale di Lecce, in funzione di giudice dell’esecuzione, nell’interpretazione della citata disposizione del codice di rito (art. 545 cod. proc. civ.); questione che non è demandata a questa Corte e che va fatta valere attraverso i mezzi di impugnazione contro il provvedimento ritenuto illegittimo (ex multis, sentenze n. 290, n. 222, n. 150 e n. 2 del 2007; ordinanza n. 39 del 2019).

 

Il giudice non ha “interpretato” la norma regolamentare, ma l’ha ignorata ancorché la Camera, nel rendere la dichiarazione di terzo ai sensi dell’art. 543 cod. proc. civ., avesse richiamato l’art. 15 del menzionato regolamento, producendone copia e avvertendo che l’assegnazione del credito sarebbe potuta avvenire nei limiti consentiti da tale disposizione, che richiamava quelli di cui all’art. 545 cod. proc. civ.

La ricorrente contesta proprio la mancata applicazione, nella procedura esecutiva riguardante un ex parlamentare, della sola norma, vigente ratione temporis, che prevede un limite di pignorabilità anche per i trattamenti vitalizi dei deputati, ossia dell’art. 15 del citato regolamento sugli assegni vitalizi che a tal fine rinvia all’art. 545 cod. proc. civ., riproducendone, poi, il testo nella formulazione anteriore alle modifiche introdotte dal decreto-legge 27 giugno 2015, n. 83 (Misure urgenti in materia fallimentare, civile e processuale civile e di organizzazione e funzionamento dell’amministrazione giudiziaria), convertito, con modificazioni, nella legge 6 agosto 2015, n. 132.

La non applicazione della previsione regolamentare è denunciata dalla ricorrente quale menomazione della sua autonomia normativa sancita dall’art. 64, primo comma, Cost., autonomia che è connotato essenziale ai fini del riconoscimento della «posizione di “assoluta indipendenza” del Parlamento» (sentenza n. 231 del 1975) e dunque del libero ed efficiente svolgimento delle funzioni dello stesso (sentenza n. 262 del 2017).

Pertanto, i provvedimenti che hanno dato origine al conflitto devono essere riguardati nell’ambito dei limiti che il potere giudiziario incontra nell’ordinamento a garanzia delle attribuzioni costituzionali delle Camere (ex multis, sentenze n. 52 del 2016 e n. 129 del 1981; ordinanze n. 225 del 2017 e n. 334 del 2008).

7.– Il conflitto ha ad oggetto, dunque, la legittimità di provvedimenti giudiziari che, secondo quanto prospettato dalla ricorrente, non hanno applicato le disposizioni espresse dall’art. 15 del regolamento della Camera in materia (vigente ratione temporis) sui limiti di pignorabilità dei trattamenti vitalizi in una procedura esecutiva promossa nei confronti di un ex deputato.

È noto che con l’espressione “assegno vitalizio” si intende il trattamento mensile corrisposto, al raggiungimento di una determinata età, al parlamentare cessato dal mandato.

L’istituto degli assegni vitalizi in favore degli ex parlamentari è riconducibile alla normativa di “diritto singolare” che si riferisce al Parlamento e ai suoi membri a presidio della peculiare posizione di autonomia riconosciuta dalla Costituzione.

Come questa Corte ha di recente puntualizzato, nell’ambito dell’autonomia regolamentare attribuita alle Camere dall’art. 64, primo comma, Cost., è ricompreso il potere di disciplinare, con propri regolamenti, anche cosiddetti “minori” (in quanto promananti dagli Uffici di presidenza delle Camere), alla stregua di quanto del resto è sino ad oggi avvenuto, i cosiddetti vitalizi dei deputati, pur essendo anche possibile una disciplina di tali trattamenti da parte della legge (sentenza n. 237 del 2022).

È stato al contempo evidenziato che i trattamenti vitalizi costituiscono la proiezione, dopo la cessazione del mandato elettivo, dell’indennità percepita durante la carriera dal parlamentare e, di qui, rivestono la medesima funzione, costituzionalmente rilevante, di assicurare a tutti l’accesso alle cariche elettive e l’esecuzione indipendente delle relative funzioni, scongiurando il rischio che lo svolgimento del munus parlamentare, che talvolta «si dispiega in un significativo arco temporale della vita lavorativa dell’eletto, possa rimanere sprovvisto di adeguata protezione previdenziale».

8.– Centrale ai fini della risoluzione del conflitto promosso è proprio la considerazione della funzione previdenziale dei vitalizi parlamentari (ancora, sentenza n. 237 del 2022), pur se in origine non potevano essere assimilati a trattamenti pensionistici in senso stretto (ex aliis, sentenze n. 182 e n. 136 del 2022).

Detta funzione dell’assegno vitalizio comporta, infatti, che al potere delle Camere di disciplinare lo stesso con propri regolamenti si accompagni, nell’esplicazione della tutela espressa dall’art. 38, secondo comma, Cost., anche quello di dettare disposizioni che riconoscano tale natura previdenziale e da essa facciano conseguire i limiti di pignorabilità negli stessi termini previsti dall’ordinamento giuridico statuale per i crediti di tale natura (quelli di cui all’art. 545 cod. proc. civ.).

Dalla giurisprudenza costituzionale è stato più volte ribadito, infatti, che deve essere assicurato a ciascuno, raggiunta l’età nella quale cessa l’attività lavorativa, un «minimo vitale» che, in deroga al principio della generale responsabilità del debitore sancito dall’art. 2740 del codice civile, non può essere oggetto di esecuzione coattiva da parte dei creditori (sentenze n. 12 del 2019, n. 85 del 2015 e n. 506 del 2002).

Si tratta, in sostanza, di un limite coessenziale alla funzione svolta dai trattamenti previdenziali ai sensi dell’art. 38 Cost., che costituisce argine invalicabile alle azioni esecutive di soggetti terzi sui trattamenti di natura previdenziale (sentenza n. 85 del 2015), nell’ambito di un bilanciamento con il diritto alla tutela giurisdizionale in executivis.

9.– Solo in questi limiti l’art. 15 del richiamato regolamento della Camera dei deputati può incidere sul diritto dei creditori a soddisfarsi, in sede esecutiva, sul vitalizio dell’ex deputato.

In generale, l’autonomia regolamentare della Camera non può spingersi fino a comprimere le situazioni soggettive di terzi nel processo esecutivo, qual sarebbe, in ipotesi, la limitazione della responsabilità patrimoniale del debitore (art. 2740 cod. civ.).

Ma, nella fattispecie in esame, la norma regolamentare si limita a disciplinare il vitalizio assegnando ad esso una funzione previdenziale – ciò che di per sé non tocca alcuna situazione giuridica di terzi – e, quale proiezione di quest’ultima, richiama, come applicabile nel processo esecutivo, l’art. 545 cod. proc. civ.; disposizione questa che prevede, come regola di carattere generale, un limite alla pignorabilità dei crediti di tale natura (previdenziale, appunto).

La posizione giuridica dei terzi creditori procedenti in executivis non è alterata dalla circostanza che il credito pignorato sia un vitalizio di un parlamentare; il limite alla pignorabilità è lo stesso che l’ordinamento giuridico (art. 545 cod. proc. civ.) fa discendere dalla natura previdenziale del credito.

La norma regolamentare citata non introduce – e non potrebbe farlo – una regola di privilegio, quale sarebbe in ipotesi l’impignorabilità assoluta (come previsto – ma dalla legge – per l’indennità parlamentare).

Non reca dunque alcun limite ulteriore alla pignorabilità del vitalizio che non sia quello derivante dalla sua natura previdenziale; natura che è attestata dalla norma stessa, coerentemente con i tratti essenziali dell’istituto, e che il giudice dell’esecuzione non può disconoscere, non applicando quest’ultima e quindi considerando il credito per il vitalizio come di natura non previdenziale.

L’indicato art. 15 del regolamento della Camera costituisce una previsione naturaliter correlata alla possibilità delle Camere di disciplinare, con propri regolamenti, i trattamenti vitalizi e di attribuire loro natura previdenziale.

10.– In conclusione, l’ordinanza del 22 gennaio 2019 – con la quale, nell’ambito della menzionata procedura esecutiva, il Tribunale di Lecce, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha disposto l’assegnazione integrale in favore del creditore procedente del trattamento vitalizio dell’ex parlamentare esecutato, non applicando l’art. 15 del regolamento sugli assegni vitalizi della Camera dei deputati del 1997, come modificato con delibera dell’Ufficio di presidenza 9 febbraio 2000, n. 195 – ha determinato un’illegittima menomazione nel potere regolamentare riconosciuto alla ricorrente dall’art. 64, primo comma, Cost.

Il ricorso per conflitto tra poteri dello Stato va quindi accolto e deve essere dichiarato che non spettava al Tribunale di Lecce non applicare l’art. 15 del regolamento per gli assegni vitalizi dei deputati, approvato dall’Ufficio di presidenza della Camera nella riunione del 30 luglio 1997, nel testo modificato con delibera dello stesso Ufficio 9 febbraio 2000, n. 195; per l’effetto, deve essere disposto l’annullamento della citata ordinanza limitatamente all’assegnazione del vitalizio in misura eccedente quanto previsto dall’art. 15 del citato regolamento, nella parte in cui esso richiama i limiti di pignorabilità dei crediti di natura previdenziale stabiliti dall’art. 545 cod. proc. civ.

La successiva ordinanza del 15 dicembre 2021, invece, con cui è stata rigettata l’istanza di sospensione del procedimento esecutivo, non ha alcuna autonoma rilevanza ai fini della decisione del conflitto promosso, trattandosi di una pronuncia determinata da ragioni esclusivamente processuali, estranee all’esercizio del potere regolamentare della Camera.

Per Questi Motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

1) dichiara che non spettava al Tribunale ordinario di Lecce, in funzione di giudice dell’esecuzione, non applicare l’art. 15 del regolamento per gli assegni vitalizi dei deputati, approvato dall’Ufficio di presidenza nella riunione del 30 luglio 1997, nel testo modificato con delibera dello stesso Ufficio 9 febbraio 2000, n. 195;

2) annulla, per l’effetto, l’ordinanza di assegnazione del vitalizio emanata dal Tribunale di Lecce, in funzione di giudice dell’esecuzione, in data 22 gennaio 2019, nell’ambito della procedura esecutiva R.G.E. n. 610/2018, limitatamente all’assegnazione del vitalizio in misura eccedente quanto previsto dall’art. 15 del regolamento per gli assegni vitalizi dei deputati, nella parte in cui esso richiama i limiti di pignorabilità dei crediti di natura previdenziale stabiliti dall’art. 545 del codice di procedura civile.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 maggio 2023.

F.to:

Silvana SCIARRA, Presidente

Giovanni AMOROSO, Redattore

Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria

Depositata in Cancelleria il 22 giugno 2023.